mercoledì 23 maggio 2012

L’attempata miss di pistoni e maccheroni


Articolo di Luigi Rivola tratto da MOTO SPRINT del Giugno 2011

Una DKW Ure 250 degli anni trenta protagonista de la manifestazione di Casola Valsenio

CASOLA Valsenio, poco meno di tremila anime  in un paese antico, molto ben tenuto, che per la sua distanza di almeno mezz’ora dalla più vicina città (Faenza o Imola) costringe chi ci vive a darsi da fare perché non sia solo un dormitorio o una comunità destinata all’estinzione.
Un paese che conosco molto bene perché era il luogo di nascita di mio babbo, che lì possedeva una casa in cui passavo tutte le estati coi miei nonni materni. Se Faenza per me significava scuola e studio, quindi fatica e ribellione, Casola era il posto in cui potevo scatenarmi in libertà. A Casola imparai a guidare il motorino: quel Demm 48 che era stato regalato a mia sorella,
immancabilmente promossa mentre io le mie due materie fisse a settembre non me le facevo mai mancate... Nel frattempo avevo fatto pratica con una motozappa Motom munita di rimorchietto, con la quale  mi ero rovesciato più volte salvando sempre miracolosamente le ossa.
Di moto, a Casola ce n’erano tante, nella stragrande maggioranza ciclomotori e moto “Turismo” di 98 e 125cm3, col massimo a 175 cm3. Il “Turismo” naturalmente non c’entrava nulla, perché le due ruote allora servivano praticamente solo per lavorare ed essendo Casola un paese di montagna, a differenza della città non c’erano molte  biciclette a motore, che non sarebbero riuscite ad arrampicarsi con del carico sulla “schiena”. Non mancavano naturalmente i motociclisti sportivi: in primis Cristo (Cristoforo) Alpi, che addirittura correva in circuito e anche fuoristrada: nel 1948 era stato pioniere del motocross in sella a una DKW 175 nella celebre gara imolese, voluta da Checco Costa, che lanciò la specialità nordica in Italia. Il gioiello di Cristo era una DKW Ure 250 degli Anni ’30, una due tempi a cilindro sdoppiato verticale longitudinale, sovralimentato da un cilindro-pompa orizzontale anteriore. Era una vera moto da GP che nel dopoguerra non poteva più correre a causa dell’abolizione del compressore, ma che Cristo conservava gelosamente, “risvegliandola” ogni tanto con un baccano infernale.
Da allora sono passati quasi cinquant’anni, per me e per Casola. Ma la DKW di Cristo è ancora là, e due settimane fa è stata la principale attrazione di “Pistoni e Maccheroni”, una manifestazione voluta dai nuovi motociclisti del paese.



Per me, Casola era rimasta ferma alla Italemmezeta 125 di “Roccetto”, all’officina Morini di “Pippo”, alla concessionaria Benelli, che aveva piazzato  una marea di ciclomotori della Casa pesarese, a qualche Motom 50 Super Sport elaborato. Niente di più. Invece le braci covavano sotto la cenere.
“Pistoni e Maccheroni”, un nome sui generis, allegro, un po’ ruspante, si organizza da qualche anno e gode di crescente successo. Non è un raduno, ma una grande festa paesana dove moto ed auto d’epoca convivono, dove il sacro (originale) se ne sta volentieri accanto al profano (taroccato), dove si mangia in compagnia di Fausto Gresini che qui ha portato la Honda di Simoncelli e che, tra un maccherone e l’altro, difende il suo pilota dalle accuse mossegli dopo il fattaccio con Pedrosa.
Una curiosità finale: promotore di “Pistoni e Maccheroni” non è un motoclub, ma un gruppo di amici che lo fa per passione, per beneficenza e sotto le insegne della “Associazione Nazionale Reduci della Friuli”. Casola fu massacrata nella fase finale dell’occupazione nazista e poco distante, a Zattaglia, riposano i 241 caduti della “Friuli” che la liberarono.
Non sono stati dimenticati.

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